Vado a fumarmi una sigaretta

Tesissimo, smagrito e con le guance scavate. Mi guardo intorno, gli altri mi danno fastidio oggi. In verità spesso gli altri mi danno fastidio, come io mi do fastidio del resto. Oggi è peggio però. Non voglio parlare, non voglio ascoltare. Vado a fumarmi una sigaretta. Due celle più in là c’era il mio amico. Si è impiccato l’altro ieri. Siamo in ospedale, i medici ci sono apposta, gli psichiatri e gli educatori anche, ci sono anche le guardie… anche i muri lo sapevano, ma nessuno ha fatto niente. Nessuno l’ha fermato, nessuno gli ha fatto cambiare idea. Era un amico vero, un caro ragazzo, ci eravamo sputati in faccia le nostre storie. Mi aveva raccontato le sue paure. La sua paura. Vado a fumarmi una sigaretta.

Mi sono fatto la barba, oggi è sabato. Mi sono messo la camicia e pettinato, cerco di salvare la mia dignità che sento sfuggirmi. Sono vivo, intontito dai farmaci e comunque rabbioso. Quel ragazzo, ma perché. Non lo conoscevo, non era della mia sezione, ma perché. L’avevo incrociato qualche volta, e ora non potrò conoscerlo più, si è impiccato, ma perché.

Io devo andare in comunità, mi daranno la stecca. Poi devo andare in comunità. Penserò che fare di quelli che sono a casa, i miei che non mi vogliono. La loro paura di me, mi spaventa. Io sono in carcere, questo non è un ospedale. Sì, ho sentito che si è impiccato uno. Io devo andare in comunità.

Ma cosa parliamo a fare? Quello là si è impiccato. Ha avuto il coraggio, forse ha fatto bene. Diciamolo pure, che è un pensiero che viene a tutti. Sono distrutto io, non riesco nemmeno più a parlare. Ha realizzato un pensiero di tutti. Non lo conoscevo nemmeno. Sì, sto piangendo.

Io ho freddo dentro, puoi chiudere la finestra… grazie. Ti vedo che sei triste, il tuo amico l’ha fatta finita. Già, la vita. Facciamo esistere il futuro, aiutiamoci insieme. Vieni qua.

Scusate se vi interrompo, parlo poi vado. Dovremmo parlare di azioni da fare, le leggi cosa dicono?! Azioni riabilitative, sociali. Ci sono compiti da rispettare. Funzioni da assolvere, responsabilità. Sìlosochesièimpiccato. Dovremmo parlare di azioni da fare, di cosa dicono le leggi. Adesso me ne vado. Ho un problema con la memoria. Ciao.

Davide Orlandini

2 commenti

  1. Federico ha detto:

    Ho letto l’articolo ed ho una considerazione da fare per uno dei carcerati che ha detto il suo pensiero riguardante il suicidio di un altro carcerato. Più che altro volevo dargli un consiglio.
    Non serve chiudersi in se stessi a mo’ di riccio, parlare è bello; parlare di qualsiasi cosa anche solo sapere come sta un altro uomo… ma ascoltare è ancora più bello, perchè il silenzio per me non esiste.
    Ogni cosa ha un rumore, anche il silenzio; ascoltare cosa dicono gli altri, sentire il suono del vento, il rumore dei passi di qualcuno che cammina, il respirare, i lamenti degli altri carcerati, sentire lo scricchiolio dei muri, il gocciolamento di un lavandino… bisogna ascoltare!!! Sempre.
    PERCHE’ ANCHE DAL SILENZIO SI PUO’ IMPARARE, fidati, è una esperienza personale. A me piace ascoltare anche se poi non dico nulla e “mi faccio pensieri miei”.
    Però non chiuderti in te stesso. Si può fare qualcosa di buono ma per fare ciò bisogna essere aperti con il mondo, con quello che ci sta intorno, e poi, diciamolo, lo sanno tutti che le sigarette fanno male.
    Federico

  2. Nuovo Effatà ha detto:

    Commento interessante :)!! Faremo arrivare le tue parole agli internati…

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